Italiano


Una noche con Sabrina Love, Mondadori, Milano, 2003.
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Una notte con Sabrina Love
Autor: Pedro Mairal
Traduzione: C. Marseguerra
© 2003 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano
Capitulo 1


Lo show di Sabrina Love non era ancora cominciato e Daniel faceva zapping tra i sessanta canali pirata della sua tv via cavo, lasciando passare appena pochi secondi tra un’immagine e l’altra. Un tizio che parla, il fondo del mare, colli di giraffe, un inseguimento di macchine, donne del Venezuela che discutono, lava vulcanica, autostrade spagnole all’alba, il volto di un uomo terrorizzato, due mani che decorano una torta. Passiamo quin. Tu non potrai mai. Most incredible and amaz. Tastrofe degli ulti. Allora il vecchio.1 Un taglio splendido. La pianura del. Fermati, Laurita. Una storia unica a tutta velocità, in cui il sole della cartina meteorologica satellitare brillava sul documentario del Kenya, dove i leoni si accoppiavano mostrando i denti nella stessa posizione dei due americani del canale pornografico che mostravano anche loro i denti e chiudevano gli occhi quasi volessero dimenticare l’immagine del telegiornale di quegli iracheni che puntavano i loro mitragliatori su quel portiere argentino che cadeva sulle ginocchia e rivedeva allora tutta la sua vita in un lampo a partire dai cartoni animati della sua infanzia. Una storia infinita che Daniel accelerava quasi cercando di affrettare il tempo che lo separava dal programma di Sabrina Love. Si tratteneva solo sul bacio di qualche coppia che cominciava a spogliarsi nella penombra azzurrata di un film di serie b, sperando che le riprese del fuoco nel caminetto rallentassero un po’ e non sfumassero subito nella facciata di un edificio in cui l’attrice il mattino seguente si sforzava di mantenere il lenzuolo all’altezza delle clavicole.

La luce del televisore ingrandiva e rimpiccioliva la stanza, faceva fare strane smorfie alle donne nude dei poster attaccati alle pareti, raggrinziti dall’umidità delle piogge che avevano fatto straripare i fiumi del Litoral fino a coprire la strada principale che metteva in comunicazione Curuguazú con Buenos Aires. Il calore della notte era come il fiato di un animale immenso. Seduto sul bordo del letto, Daniel ammazzava le zanzare e cambiava canale schiacciando i tasti del decoder con un ferro da lana. Quando si fermava a guardare un programma, lo faceva volare per aria con un ritmo ipnotico, senza togliere gli occhi dal teleschermo. Nell’altra mano teneva un pezzo di carta con annotato un numero: 2756. Ogni tanto si fermava sul canale per soli adulti. Adesso c’erano due donne che si leccavano interminabilmente sul bordo di una vasca. Già visto. Mancavano solo altri due coiti con le rispettive scene dialogate nel mezzo, i titoli di coda e poi, finalmente, lo show di Sabrina Love.

Uscì dalla sua stanza e chiuse la porta con una chiave che teneva sempre in tasca. Attraversò al buio l’ingresso con quella sua andatura da adolescente, mezzo dinoccolata, come se lo scheletro gli andasse più grande di due taglie. Si sentivano latrare i cani dell’isolato nell’ombra calda. Arrivò in cucina e aprì il frigorifero. Si fermò a godersi il fresco, guardando le bottiglie e gli avanzi. Prese solo una grossa bottiglia d’acqua e richiuse. Sentì i passetti corti di sua nonna e il colpo in due tempi del girello.

«Danielito, sei tu?»
«Sì, nonna.»
«Che ci fai in piedi?»
«Avevo sete.»

Nella penombra la vide avvicinarsi piano piano, il corpo disfatto, le braccia scarne ma abbastanza forti per spingere avanti il girello.

«Vuoi che ti prepari qualcosa?»
«No, nonna, devo andare a dormire» rispose, e bevve l’acqua a grandi sorsi.
«Domani devi lavorare?»
«Sì, tra due ore, alle cinque.»
«Ma Daniel, che tipo notturno sei, sempre in piedi. Tua madre sperava che nascessi...»
«... con gli occhi aperti.»
«Già, con gli occhi aperti. Cerca di dormire almeno un po’» gli raccomandò spostandogli la frangia su un lato e accarezzandogli la guancia.
Sopportò la carezza, disse: «A domani» e passò rapidamente nel corridoio.
«Danielito, domani sera viene tua sorella a pulire, non lasciare la tua camera chiusa a chiave, mi raccomando.»
Daniel entrò nella stanza e si chiuse dentro.

Si sedette sul bordo del letto. Lo show di Sabrina Love stava già iniziando. La sigla di apertura alternava, con un sottofondo di musica scoppiettante, una serie di immagini della protagonista in diverse posizioni e con le mise giuste per far sognare le fantasie erotiche più disparate. Era una donna bionda, alta, con una pettinatura da svedesona platinata con i capelli elettrici, due labbra rosse che un altro po’ le saltavano via dalla faccia, seni generosi e fianchi larghi che quando compariva sdraiata sul letto le davano l’aspetto di una giumenta voluttuosa stesa al sole. Oggi conduceva il programma dalla jacuzzi. Invitava l’attore sex symbol del momento a raggiungerla per un reportage in cui riusciva a metterlo in imbarazzo con ogni tipo di allusione, riportava spese clamorose in porno shop, frammenti di sue partecipazioni in film a luci rosse, rispondeva alla posta con consigli utili per il letto... il tutto con un’allegria e un’innocenza senza pari. «E adesso, miei cari divini mammiferi,» diceva stringendosi i seni con gli avambracci «è arrivato il momento che tutti stanno aspettando: sorteggiamo con chi passerò una notte incandescente proprio qui, nell’Hotel Keops, noi due soli soletti.» Adesso andava gattoni, in reggicalze e corsetto nero, sopra una montagna di bigliettini che straripavano da una vaschetta di plastica. «Quanti uomini,» diceva rimescolandoli «ma dalla Produzione mi dicono che ci sono anche donne, il che potrebbe essere una bella sorpresa.» Daniel continuava a fissare il suo numero.

Aveva chiamato un mese prima, quando era riuscito a vedere il programma, dopo una serie di manovre clandestine iniziate la sera in cui era salito in terrazza per sistemare l’antenna che non riceveva bene il segnale del ripetitore locale e aveva visto, sul muretto divisorio, un cavo nuovo, azzurro, che entrava nella casa dei vicini; era la televisione via cavo arrivata di recente da Buenos Aires. Qualcosa che solo in pochi potevano permettersi a Curuguazú. All’alba aveva fatto una connessione con un cavo coassiale e lo aveva portato fino alla sua camera. Adesso gli serviva un televisore. Toglierlo a sua nonna avrebbe voluto dire toglierle il suo unico passatempo. Andò da Carboni il Gordo che, lo sapevano tutti, riciclava merce rubata. Fuori città, in un capannone strapieno di pezzi d’auto e di elettrodomestici usati, gli vendettero per la metà del loro prezzo una tv via cavo e un decoder.

«Lo aggiusti un po’ qui, unisci due o tre cavetti qua dentro e vedrai che non avrai nessun problema. Il decoder è quasi nuovo. Il telecomando te lo darò.»
«Con questo si possono vedere tutti i canali?» domandò Daniel, già abbracciato all’apparecchio.
«Sì, anche quello porno» gli rispose Carboni il Gordo; quindi lo salutò, chiuse il portone di lamiera e sotto il sole, nella strada sterrata, Daniel sentì che gli gridava ridendo:
«Attento a non rimanere cieco, ragazzino!»

Ma lui sapeva bene che erano tutte balle. Di sera riparò il televisore, smontò il decoder per vedere come funzionava e lo rimontò di nuovo. Quella notte aveva già sistemato tutto e, passato il primo stupore di fronte alle immagini del canale per adulti, comprese che non gli sarebbero più servite quelle riviste comprate con un po’ di vergogna nel chiosco della stazione, con quelle foto di donne che l’immaginazione doveva fare lo sforzo di articolare: da adesso in poi una corrente erotica continua avrebbe portato fin dentro la sua stanza quei corpi in tutte le loro posizioni e ansimi, e si consegnò con felicità a un onanismo estivo che, ben lontano dal lasciarlo cieco, gli fece scoprire per la prima volta i segreti più reconditi della sua esistenza.

Quando vide il programma di Sabrina Love e venne a sapere del concorso, chiamò il numero 0600 indicato in sovrimpressione e, dopo aver lasciato i suoi dati, una voce registrata gli dettò il numero che adesso teneva in mano con un certo tremore. Guardava come Sabrina Love rimestava il mucchio di foglietti e diceva: «Peccato non potervi soddisfare tutti, amori miei. Adesso chiedo ai ragazzi della Produzione di tirare in aria i bigliettini, e quello che mi cade nella scollatura vincerà». Due tipi muscolosi l’aiutarono a mettersi in posizione e cominciarono a lanciare per aria grandi manciate di bigliettini che cadevano come neve su di lei, che muoveva le spalle alzando leggermente i seni, finché finalmente uno si andò a posare sul suo corpetto di pizzo nero. Lei aspettò che finissero di cadere a terra tutti quanti. Guardò in giù, dove si trovava il bigliettino, guardò in camera, lo prese tra le dita e disse: «Vediamo chi è il fortunato. Bene. In una camera dell’Hotel Keops, tutto pagato, noi due soli, passeremo una notte indimenticabile io, Sabrina Love, la prima pornostar argentina e...» Daniel guardò il suo numero: 2756. «Ah, divino! Non dirò il nome per evitare problemini con qualche moglie un po’ troppo gelosa, ma è un uomo e ha il numero duemilasettecentocinquantasei.» Daniel rimase paralizzato, pensò di aver sentito male. Sabrina festeggiò ballando su una musica vellutata di sax e quindi si raccomandò: «Il vincitore si ricordi che ha ventiquattr’ore per mettersi in contatto con la Produzione. Noi non chiamiamo perché il vincitore può preferire che rimanga un segreto tra lui e me. Perciò, duemilasettecentocinquantasei, amore mio, divino, ti aspetto per fare tutto quello che vuoi e nel frattempo ti tengo al sicuro qua dentro.» Si rimise il biglietto nella scollatura e chiuse il programma con il suo solito strip-tease.

Daniel rimase immobile, con le mani tra i capelli. Quindi si guardò attorno e sorrise nervoso. Scorrevano i titoli di coda dello show di Sabrina Love. Spense il televisore. Si sdraiò sul letto vestito e si coprì fino alla testa. Non ci poteva credere. Rimase in silenzio, tutto agitato. La notte estiva si stava dissolvendo nel canto ancora oscuro di qualche gallo.