Consumidor Final - Italiano

Pedro Mairal, Consumidor final, Buenos Aires, Bajo la luna nueva, 2003.

Traducido al italiano por Giuseppe Pisano


*


TUTTI I GIORNI

Gli occhi ritrovati
nel fondo della tazza, le tasche,
i piatti, la vergogna,
l’ombra grigia sotto i vestiti,
l’odore a colonia lasciato negli ascensori,
le grida di un coito che si spandono
come colombe grigie, per le terrazze,
per vuoti d’aria e di luce fino agli uffici,
la gente che si lava tra le mattonelle,
che si sveglia nella metropolitana reclusa all’improvviso
con solo aprire gli occhi,
la gente legata
da sporchi, infiniti fili neri,
parlando al telefono dei loro animali da compagnia,
di parenti in sala operatoria
gente scavando un pozzo nell’asfalto,
cercando tubature come vene,
gente piena di sonno, di silenzio,
con la paura di svegliare la storia insonnolita,
gente usando il linguaggio come un coltello scuro,
un coltello consumato, sbucciando una mela,
gente che odora a fango copioso di provincia,
che prega con violenza e alla sera
accende fornelli blu.


*


DAL BARBIERE

Nella luce dello specchio
tagliano i capelli a quel che io sono.
La grande forbice che ritaglia il giorno
sfiora la giugulare, sfiora la nuca
con il freddo metallico di un’arma;
e quel che io sono mi guarda perché lo sa,
perché ha il cuore sottosopra.
La voce del cronista
annuncia una giocata pericolosa,
il parrucchiere guarda lo schermo,
(la sua squadra sta perdendo)
mi fa una domanda,
io mi vedo dire che non mi piace il calcio,
vedo come mi crescono le orecchie
e in un clima glaciale,
la forbice mi sussurra il suo taglio.


*


UNA PESCA

Mordere l’estate,
mordere il sole intero
a 1,80 al chilo.
Questa pesca appena arrivata a casa
fu solo un sogno dell’albero nascosto
assecondato col fertilizzante,
in seguito fu fiore e frutto verde solamente,
protetto dalle piaghe e dalle gelate
con cinque pesticidi,
ingrossato dalle piogge e dall’irrigazione a goccia,
raccolto da Pablo Luis Ojeda,
originario del Rio Negro
che lascia cadere su un materasso di gommapiuma
il suo corpo dolorante tutte le sere.
Caricata su un camion che avanza sotto il cielo
è maturata questa pesca con il viaggio
poi è arrivata al mercato,
ha attraversato le mafie,
è andata a finire in una cella frigorifera
che le ha fissato il colore
e l’ha conservata per quattro mesi
vicino a San Cristobal
fino a essere comprata dai Supermercati Disco,
e l’hanno portata alla succursale 14
settore frutta e verdura self-service
dove l’ho scelta, l’ho messa in un sacchetto, l’ho fatta pesare
l’ho buttata nel carrello
accanto al pane Fargo, ai petti di pollo,
vicino allo Skip Intelligent e al formaggio
l’ho portata alla cassa, le hanno letto
il codice a barre,
l’ho pagata, l’ho rimessa in un sacchetto di plastica,
l’ho portata camminando fino a casa,
attraversando il viale, costeggiando l’ospedale,
tra ciechi, barboni, poliziotti,
sono salito con l’ascensore
ed è arrivata al piano di lavoro in marmo senza ammaccature.
Quindi l’ho liberata dai due sacchetti,
le ho lavato il pesticida nel rubinetto,
le ho lavato tutta la stanchezza del camion, il fumo,
la notte delle mani di Pablo Luis Ojeda,
le ho tolto l’etichetta della marca,
e l’ho morsa con voglia di ucciderla,
l’ho assassinata con denti, mandibole e lingua,
e nonostante la chimica, la distanza morta,
nonostante la lunga catena intermediaria,
mi sono ritrovato laggiù nel fondo del suo sogno giallo
con quel fiore primo che profumava il vento.


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[VERSIÓN EN ESPAÑOL]