Pedro Mairal
Tutte le scuole portano i bambini in gita. I genitori firmano un permesso e l’alunno può quindi andarsene con tutti i suoi compagnucci allo Zoo, al Planetario, al Museo di Scienze naturali, alla “Rural”, a vedere gli animali della fattoria, o alla Fiera del Libro, sotto l’occhio di due o tre maestre sull’orlo del collasso.
Tra le uscite di gruppo i bambini di solito preferiscono quella alla Rural. Si possono prendere degli adesivi, le hostess sono carine, si vedono degli animali – come i maiali – dalle dimensioni genitali sorprendenti, le vacche mollano senza pudore buse sonore e fumiganti. Tutte cose che ai bambini piacciono tantissimo.
Ma alla Fiera del Libro non ci sono di queste attrazioni. In effetti, per me, quella gita è stata un momento traumatico della mia infanzia.
Ricordo che “la Serrano”, una delle professoresse che ci accompagnava, fumava come una ciminiera (all’epoca gli insegnanti fumavano ancora vicino agli alunni). Quell’anno la Fiera era dedicata alla Divina Commedia. Non è che il programma ci entusiasmasse molto. All’ingresso una scritta in italiano recitava: “Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate”. Che cosa dice lì, professoressa? E la Serrano tradusse per noi.
Ci fecero girare tra gli stand dei libri, con quella strana idea che la cultura si trasmette per osmosi. Era come guardare delle copertine di videocassette. Perché siamo venuti qui, professoressa? La Serrano non rispondeva. Gironzolavamo per i padiglioni: non c’erano animali, né omaggi, solo dei dépliant e degustazioni di Fernet, che non era per noi bambini.
La quinta volta che chiedemmo alla Serrano perché eravamo lì, si scocciò, si voltò e con il mozzicone in bocca ci disse: “Perché vediate tutti i libri che dovrete leggere nella vostra vita”. Ammutolimmo, guardando quell’oceano di libri che ci circondava. Ricordo di aver pensato: “Io non ce la faccio”.
Dev’essere per questo che ogni anno l’idea della Fiera mi opprime. Ci vado lo stesso, cerco cose molto specifiche (libri introvabili o conferenze di autori), ma cammino di fretta, come se temessi di rimanere schiacciato da quello tsunami di libri che non si finisce mai di leggere.
Tutte le scuole portano i bambini in gita. I genitori firmano un permesso e l’alunno può quindi andarsene con tutti i suoi compagnucci allo Zoo, al Planetario, al Museo di Scienze naturali, alla “Rural”, a vedere gli animali della fattoria, o alla Fiera del Libro, sotto l’occhio di due o tre maestre sull’orlo del collasso.
Tra le uscite di gruppo i bambini di solito preferiscono quella alla Rural. Si possono prendere degli adesivi, le hostess sono carine, si vedono degli animali – come i maiali – dalle dimensioni genitali sorprendenti, le vacche mollano senza pudore buse sonore e fumiganti. Tutte cose che ai bambini piacciono tantissimo.
Ma alla Fiera del Libro non ci sono di queste attrazioni. In effetti, per me, quella gita è stata un momento traumatico della mia infanzia.
Ricordo che “la Serrano”, una delle professoresse che ci accompagnava, fumava come una ciminiera (all’epoca gli insegnanti fumavano ancora vicino agli alunni). Quell’anno la Fiera era dedicata alla Divina Commedia. Non è che il programma ci entusiasmasse molto. All’ingresso una scritta in italiano recitava: “Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate”. Che cosa dice lì, professoressa? E la Serrano tradusse per noi.
Ci fecero girare tra gli stand dei libri, con quella strana idea che la cultura si trasmette per osmosi. Era come guardare delle copertine di videocassette. Perché siamo venuti qui, professoressa? La Serrano non rispondeva. Gironzolavamo per i padiglioni: non c’erano animali, né omaggi, solo dei dépliant e degustazioni di Fernet, che non era per noi bambini.
La quinta volta che chiedemmo alla Serrano perché eravamo lì, si scocciò, si voltò e con il mozzicone in bocca ci disse: “Perché vediate tutti i libri che dovrete leggere nella vostra vita”. Ammutolimmo, guardando quell’oceano di libri che ci circondava. Ricordo di aver pensato: “Io non ce la faccio”.
Dev’essere per questo che ogni anno l’idea della Fiera mi opprime. Ci vado lo stesso, cerco cose molto specifiche (libri introvabili o conferenze di autori), ma cammino di fretta, come se temessi di rimanere schiacciato da quello tsunami di libri che non si finisce mai di leggere.
(trad. Annamaria Farinato)